FAQ Litotrissia

Che sintomi possono causare i calcoli renali e quando?

Quando i calcoli sono localizzati nei calici renali non danno alcuna sintomatologia clinica ad eccezione di episodi di ematuria macroscopica (urine di colore rosso scuro) che a volte si manifestano a seguito di un’attività fisica. Anche in assenza di questi episodi, nell’analisi delle urine è spesso presente un’ematuria micro-scopica. Se i calcoli si mobilizzano dai calici, si impegnano nell’uretere e causano una dilatazione acuta delle vie escretrici a monte (uretero-calico-pielectasia), provocano la cosiddetta “colica renale”. Questa viene descritta come un dolore di tipo gravativo, profondo, di varia intensità, localizzato a livello della regione lombare che può irradiarsi anteriormente al fianco omolaterale ed anche in basso verso l’inguine e i genitali (testicoli o grandi labbra). Il dolore, in genere continuo, con possibilità di esacerbazioni acute seguite da fasi di attenuazione o di remissione può durare alcune ore ma anche alcuni giorni e può accompagnarsi a sintomi vagali quali la nausea, il vomito ed il gonfiore addominale (ileo paralitico) il quale a volte precede, anche di giorni, la sintomatologia dolorosa. Il dolore, a volte accentuato oppure alleviato da movimenti e da scosse, può essere esacerbato con la percussione della regione lombare (manovra di Giordano) e con la pressione sui punti di dolorabilità elettiva a livello dell’angolo costo-vertebrale, dell’angolo costo-lombare e del punto pieloureterale di Bazy. A causa di fenomeni riflessi il dolore puo’ comparire dal lato opposto a quello in cui è il calcolo oppure bilateralmente (“riflesso reno-renale”) . Altro fenomeno riflesso è la riduzione della diuresi fino all’anuria: “anuria riflessa” per cui è inibita temporaneamente anche la secrezione del rene controlaterale. Se è presente un’infezione urinaria si può avere anche febbre preceduta e/o accompagnata da brividi (febbre cosiddetta uro-settica) e disturbi minzionali (disuria) caratterizzati da bruciori durante la minzione, difficoltà o frequente stimolo ad urinare. La disuria in genere si manifesta quando il calcolo è in prossimita’ del giunto uretero-vescicale. L’ostruzione litiasica, causando un rallentamento o un arresto completo del flusso urinario, espone il paziente al rischio di infezioni e di sofferenza del rene che a lungo andare può perdere anche completamente la sua funzionalità. Quando si avrà la remissione completa del dolore ciò non significherà sempre che il calcolo è stato espulso. Infatti quando la dilatazione delle vie escretrici diviene cronica, la regola è la scomparsa della sintomatologia dolorosa. E’ questo un modo molto insidioso di evoluzione della calcolosi che può compromettere, con il passare del tempo, la funzionalità stessa del rene in quanto questa dilatazione può condurre ad un’atrofia del parenchima renale. Dopo ogni episodio di colica renale saranno indispensabili pertanto controlli ecografici atti a verificare nel tempo la regressione o meno della dilatazione delle vie escretrici. In caso queste vie continuassero ad essere dilatate, si dovrà sottoporre il paziente ad un’esame urografico atto a svelare la persistenza o meno di un calcolo nell’uretere. La dilatazione delle vie urinarie, se l’ostruzione è perdurata a lungo, potrebbe infatti regredire molto lentamente o anche permanere per sempre. Per i calcoli renali la probabilità di migrazione nell’uretere è elevata. Calcoli di piccole dimensioni (< 5 mm) possono raggiungere spesso la vescica ed essere quindi facilmente eliminati spontaneamente durante la minzione ma calcoli di dimensioni superiori hanno il rischio di rimanere bloccati nell’uretere.

Come intervenire in caso di colica renale?

Nel sospetto di una colica renale il primo esame da effettuare è un’analisi delle urine con particolare riguardo al sedimento (microematuria) ed un’ecografia del tratto urinario. Per alleviare il dolore si somministreranno farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) del tipo Ketoprofene fiale (Orudis) oppure Diclofenac fiale (Voltaren) che riducendo la filtrazione glomerulare del rene diminuiscono la pressione a livello delle vie escretrici. Questi hanno anche un effetto analgesico e antipiretico. Se la sintomatologia dolorosa non recede si pescriverà un analgesico più potente del tipo Ketorolac fiale (Toradol). Quando il calcolo è inferiore ai 5 mm e viene localizzato a livello dell’uretere si puo’ tentare la sua espulsione per le vie naturali. A tal fine si consiglierà al paziente di bere molta acqua in poco tempo (il cosiddetto “bolo d’acqua” si effettua bevendo un litro di acqua in 15 minuti) e di assumere farmaci rilassanti la muscolatura ureterale: alfa litici del tipo Tamsulosina capsule (Omnic) o antispastici del tipo Scopolamina butilbromuro confetti (Buscopan). Qualora le dimensioni del calcolo fossero superiori ai 5 mm è sconsigliato invitare il paziente a bere o ad effettuare il bolo d’acqua per il rischio di un aggravamento della sintomatologia dolorosa (aumento della pressione e della conseguente dilatazione delle vie escretrici). Il rischio potrebbe anche essere la rottura dei calici renali con la conseguenza di uno stravaso dell’urina nell’interstizio ma anche, in caso di rottura della capsula, nello spazio peri e pararenale con formazione di un cosiddetto “urinoma”. Nel caso di calcoli radiotrasparenti di acido urico di piccole dimensioni, si può tentare di scioglierli innalzando il pH urinario. A tal fine si prescriverà al paziente citrato di potassio con la raccomandazione di controllare che il pH non superi il valore di 6.8 per non incorrere nel rischio di una precipitazione dei fosfati.

Che indagini diagnostiche fare nel sospetto di una litiasi del tratto urinario?

Il primo esame cui sottoporre il paziente è un’ecografia renale. Questa dovrebbe essere sempre in grado di visualizzare i calcoli presenti, indipendentemente dalla loro composizione chimica, nel parenchima renale, nei calici, nella pelvi, nel tratto giuntale, sottogiuntale e iuxtavescicale dell’ureterere e spesso di riuscire a metterli in evidenza nel tratto lombare mentre più difficile sarà la loro visualizzazione nel tratto pelvico. Quando l’ecografia non sarà in grado di rilevare la presenza di calcoli ureterali, potrà evidenziare una dilatazione ureterale e/o calico-pielica e porre il sospetto dell’esistenza di un calcolo nell’uretere causa dell’ostruzione. Un altro esame sempre utile da effettuare è una Radiografia diretta dei reni e della vescica. Questa servirà ad evidenziare la presenza di sospetti calcoli lungo il decorso degli ureteri, non visualizzati dall’esame ecografico, a determinare la composizione chimica del calcolo (contenente o meno calcio e pertanto radiopaco o radiotrasparente) e sarà indispensabile per effettuare una valutazione sul grado di frammentazione della formazione litiasica ottenuta dopo litotrissia extracorporea. L’esame che dovrebbe essere sempre effettuato prima di sottoporre il paziente a qualsiasi tipo di trattamento terapeutico è un’urografia tradizionale (Sensibilita’ 64-87%; Specificita’ 92-94%) o ancor meglio mediante TAC Spirale (Sensibilita’ 95-100% ; Specificita’ 94-96%).

 

Come possono essere trattati i calcoli reno-ureterali?

Il trattamento di elezione dei calcoli delle vie urinarie è la litotrissia extracorporea con onde d’urto. Con questa metodica, assolutamente non invasiva, è possibile trattare formazioni litiasiche site nel parenchima renale, nei calici o nel bacinetto, anche di grandi dimensioni (calcoli a stampo), calcoli del tratto giuntale, sottogiuntale, lombare e iuxtavescicale dell’uretere. I calcoli del tratto pelvico dell’uretere potranno essere trattati con successo solo se individuati bene da un puntamento ecografico. Il successo più o meno brillante di questa metodica dipenderà dal tipo di apparecchiatura utilizzata che ne condizionerà la potenza, dal tipo di puntamento ecografico o radiologico che ne determinerà la precisione e l’efficacia e dalle modalità di costruzione dell’apparato di puntamento ecografico rispetto a quello di erogazione delle onde d’urto che sarà responsabile della precisione e di una frantumazione ottimale (polverizzazione) del calcolo. In letteratura sono infatti riportate percentuali di successo molto variabili e indicazioni terapeutiche anch’esse diverse tra loro verosimilmente dipendenti dalla variabilita’ dei parametri sopracitati. In commercio esistono due tipi di litotritori: Elettroidraulici ed Elettromagnetici. Tutti e due hanno la caratteristica di dare origine a onde meccaniche della stessa famiglia delle onde ultrasonore utilizzate nella diagnostica (Ultrasuoni) ma con una frequenza, anziché fissa, variabile da KHertz a Mega Hertz e con una pressione molto elevata che può raggiungere anche i 10 Bar. Queste onde d’urto (shock waves) si propagano nei liquidi biologici ad una velocità di 1540 mt/sec e li attraversano senza provocare danni di rilievo ai tessuti e agli organi ma quando incontrano un calcolo (interfaccia a differente impedenza acustica) lo attraversano ad una velocita’ di 4000-6000 mt/sec provocando su di esso una forza compressiva. Fuoriuscendo dal calcolo e tornando nei tessuti biologici subiranno un forte rallentamento esercitando su di esso una forza rarefattiva. Forze compressive e forze rarefattive agiranno ripetutamente all’interno del calcolo sottoponendo le forze di coesione molecolare del minerale ad uno stress tale da provocare la sua rottura. La litotrissia viene oggi effettuata senza ricorrere all’anestesia generale ma solo praticando una sedazione del paziente che, fatto sdraiare su un cuscino d’acqua, è invitato a seguire l’intervento su un monitor insieme all’operatore. Il calcolo viene trattato nella nostra Unità con un litotritore elettromagnetico di ultima generazione che per il puntamento utilizza esclusivamente un sistema ecografico in tempo reale (Storz Modulith SLX-F2). Grazie alla disposizione coassiale (in-line) di questo sistema di puntamento, gli ultrasuoni diagnostici e le onde d’urto terapeutiche percorrono nel corpo e fino al bersaglio lo stesso tragitto. In pratica, quando l’operatore posiziona il paziente in modo da ottenere una visione ecografica ottimale del calcolo, avrà la certezza che anche le onde d’urto, seguendo lo stesso percorso degli ultrasuoni, andranno a raggiungere il bersaglio con la massima efficacia senza subire attenuazioni da parte dei gas intestinali. Si potrebbe verificare infatti, come avviene con i litotritori a puntamento radiologico o ecografico senza sistema di tipo “in-line” che l’operatore riesca a visualizzare e a puntare il calcolo facendo seguire agli ultrasuoni un certo tragitto ma che poi le onde d’urto, colpendo il bersaglio percorrendone un altro (perchè non erogate "in-line" con gli ultrasuoni), vengano attenuate dai gas intestinali che si interpongono su di esso. La durata dell’intervento è di circa 30 minuti e a seconda del numero, delle dimensioni e della durezza dei calcoli, possono rendersi necessari più interventi al fine di ottenerne una vera e propria polverizzazione. E’ questo il fine che deve raggiungere la litotrissia. I calcoli non devono essere frantumati bensì “polverizzati”. Solo in questo modo essi potranno essere eliminati senza causare coliche ai pazienti nè problemi ostruttivi a livello ureterale. Utilizzando apparecchiature adeguate, è possibile trattare calcoli anche di grandi dimensioni (calcoli a stampo) ed ottenere percentuali di frammentazioni ottimali in oltre il 90% dei casi di litiasi renale ed ureterale. Per calcoli renali di dimensioni superiori ai 2 cm, nella nostra Unità di Litotrissia apponiamo, prima dell’intervento, un catetere JJ tra la pelvi e la vescica il quale viene lasciato in situ fino all’espulsione completa di tutti i frammenti residui. Ciò al fine di prevenire eventuali coliche dovute alla grande quantità di frammenti eliminati attraverso l’uretere ed il rischio di infezioni. Gli effetti collaterali descritti in letteratura riportano solo la complicanza dell’ematoma renale dovuto alla rottura di piccoli vasi posti al di sotto della capsula renale. In questa circostanza non è necessario sottoporre il paziente ad alcuna terapia ma solo attendere il riassorbimento spontaneo dell’ematoma.

Da quali sostanze sono composti i calcoli?

  • Ossalato di Calcio monoidrato (Whewellite) o diidrato (Whedellite) 65% (Ossalato di Ca 30% ; Ossalato + Fosfato di Ca 30% ; Ossalato di Ca + Acido Urico 5%).
  • Fosfato di Calcio (Brushite) 10-20% ( in urine alcaline; correlazione con l’Acidosi tubulare distale e con le gravidanze).
  • Acido Urico 10-20% (Acido Urico , Urato Monosodico o di Ammonio) ( in urine acide ). L’Acido Urico promuove la cristallizzazione dell’ossalato di calcio: spesso un calcolo calcico è costituito da un nucleo radiotrasparente di acido urico.
  • Fosfato Ammonio Magnesiaco e Carbonato di Calcio 2-5% ( Struvite: calcoli infiammatori in urine alcaline) - Cistina 1% (in urine acide) - Xantina 1 % (in pazienti sottoposti ad una terapia non corretta con Allopurinolo. La xantina è infatti l’immediato precursore dell’acido urico).

Quali sono le cause della formazione dei calcoli?

I calcoli renali cosiddetti “primitivi” sono causati da errori metabolici che si traducono in un’ alterata composizione urinaria di alcuni soluti che, venendosi a trovare in uno stato di “sovrasaturazione”, tendono a formare cristalli i quali, aggregandosi tra di loro, formano i calcoli. Questi disordini metabolici sono rappresentati da:

  • Ipercalciuria
  • Iperossaluria
  • Iperuricuria associata o meno ad iperuricemia
  • Iperparatiroidismo
  • Iperfosfaturie primarie
  • Ipocitraturie nelle condizioni di acidosi del sangue e di acidosi renale tubulare di tipo distale
  • Cistinuria

I calcoli renali cosiddetti "secondari" si formano a causa di alterazioni anatomiche delle vie urinarie che provocano un ristagno delle urine (uropatie ostruttive, rene a spugna, rene a ferro di cavallo etc.). Questa stasi urinaria, danneggiando l’epitelio di rivestimento, può compromettere la produzione di vari fattori protettivi di superficie (uromucoide), favorendo l’insorgenza di infezioni delle vie urinarie. Si avrà inizialmente una fermentazione ammoniacale ad opera di batteri ureasi produttori (Proteus, Klebsielle, Pseudomonas, Coli) i quali scindono l’urea in ammoniaca con formazione di ioni ammonio e bicarbonato . L’elevazione del pH urinario causera’ la formazione di calcoli composti da fosfato ammonio-magnesiaco e carbonato di calcio (struvite). Questi sono i cosiddetti calcoli infettivi. Sono calcoli che, accrescendosi per stratificazioni successive di cristalli e precipitati proteici dell’essudato infiammatorio, possono raggiungere dimensioni molto grandi (calcoli a stampo).

Prevalenza, incidenza, fattori di rischio della litiasi?

La litiasi renale, nonostante gli enormi progressi terapeutici raggiunti in questi ultimi venticinque anni, rappresenta ancora oggi una malattia di grande impatto sociale per la sua elevata frequenza. Il dato statistico della “prevalenza” nel mondo è molto variabile ed è in funzione di molteplici fattori tra cui la dieta alimentare e le condizioni climatiche e socio-economiche dei paesi, essendo maggiore in quelli con climi più caldi, con piu’ elevato benessere e più industrializzati. In Arabia Saudita è del 20%, in Asia varia dall’1 al 5%, negli Stati Uniti è in media del 10% (13% nei maschi e 7% nelle femmine), in Gran Bretagna è del 3,8%, in Germania del 4,7%, in Turchia del 14,8%. In Italia gli studi epidemiologici effettuati sono scarsi. I dati ISTAT (Prevalenza 1,7%, Incidenza 0,17%) sottostimano di molto i dati epidemiologici che riferiscono una prevalenza del 6,5% (6,9% nei maschi e 6,1% nelle femmine) con un’Incidenza dello 0.4%. Le recidive si verificano nel 50% dei casi entro 5-10 anni e nel 75-80% dei casi entro 20 anni.
I fattori di rischio sono rappresentati da :

  1. Familiarità;
  2. Età: rara prima dei 20 anni, la litiasi ha picchi di incidenza tra la 4a e la 6a decade di vita e in menopausa;
  3. Sesso: più frequente nei maschi;
  4. Obesità, >BMI, > Circonferenza della vita;
  5. Diabete tipo 2 (< pH) e Insulinoresistenza (<pH);
  6. Disordini metabolici;
  7. Gravidanze ( >pH e ipercalciuria);
  8. Stasi del flusso urinario. Un rallentamento del flusso delle urine può essere dovuto a più cause tra le quali: la stenosi del giunto pielo-ureterale, il rene a spugna, il megauretere, il rene a ferro di cavallo, le stenosi iatrogene dell’uretere;
  9. Infezioni delle vie urinarie;
  10. Disidratazione dovuta ad inadeguata assunzione di liquidi o ad eccessiva perdita con la sudorazione (sport, saune, cabine climatizzate);
  11. Sindromi da malassorbimento, malattie infiammatorie intestinali (Morbo di Crohn), resezioni e by-pass intestinali;
  12. Attività sedentaria o immobilizzazione postraumatica (fratture ossee);
  13. Farmaci e Vitamine (diuretici , antiacidi a base di sali di calcio,Vitamine C e D, acidi colici);
  14. Alimentazioni iperproteiche ed introiti eccessivi di sale;
  15. Iperacidità urinaria ( pH < 5.5 );
  16. Alcalinità urinaria ( pH > 7 ).

Come si puo' prevenire la formazione dei calcoli?

E' stato sempre ritenuto che i pazienti litiasici, soprattutto quelli con calcolosi ricorrente, dovessero sottoporsi ad un studio metabolico e, quando possibile, effettuare un'analisi chimica del calcolo espulso spontaneamente o rimosso chirurgicamente, al fine di scoprire la cause della sua formazione per poterne prevenire le eventuali recidive. E così per per molti anni è stata tentata questa prevenzione sulla base di esami effettuati sul sangue e sulle urine e con l'ausilio dell'analisi chimica dei calcoli. I risultati sono stati però deludenti in quanto le prescrizioni dietetiche cui venivano sottoposti i pazienti non erano in grado di prevenire le recidive. La causa di ciò era verosimilmente dovuta al fatto che l'analisi chimica del calcolo veniva effettuata, dopo la triturazione in un mortaio, su tutti i componenti polverizzati e mischiati insieme e non su quelli esclusivamente del nucleo, i quali sono gli unici indici del diffetto metabolico che ne è la causa della formazione. Sul nucleo possono infatti precipitare facilmente sostanze di diversa natura come avviene nel caso dell'acido urico sul quale possono aggregarsi ossalati e fosfati di calcio (crescita epitassica) senza che queste testimonino un alterato metabolismo degli ossalati, dei fosfati o del calcio. La prevenzione non era efficace perché la diagnosi non veniva posta correttamente. La patogenesi della calcolosi urinaria è complessa ma ad eccezione di quella dovuta ad alterazioni anatomiche che provocano un ristagno urinario, in tutti gli altri casi risiede in un’eccessiva quantità nelle urine di alcuni soluti che si vengono a trovare in uno stato di “sovrasaturazione” tendendo a formare cristalli e a precipitare. Nell’ambiente urinario avvengono pero’ complesse interazioni tra ioni litogeni ed altri componenti della soluzione per cui più che le concentrazioni assolute dei singoli sali assume importanza il grado di attività dei loro ioni costituenti. Infatti nelle urine vi sono sia fattori favorenti che fattori ostacolanti la tendenza dei sali a precipitare. Così il magnesio compete con il calcio per legarsi all’ossalato formando sali molto piu’ solubili mentre il citrato compete con l’ossalato per fissare il calcio dando luogo al citrato di calcio molto solubile. In questo complesso gioco di interazioni ha un ruolo estremamente importante anche il pH urinario dal momento che in ambiente acido si riduce la solubilità dell’acido urico e in ambiente alcalino si riduce la solubilità dei fosfati. Il calcolo del grado di attività dei soluti litogeni che misura la tendenza alla loro precipitazione è di difficile attuazione a causa del complesso intervento di numerosi fattori urinari in grado di influenzarlo per cui per realizzarlo si è reso necessario l’impiego di sistemi computerizzati. Il programma Equil 2 progettato dall’Università di Miami e seguito nella nostra Unità, prende in considerazione la concentrazione urinaria dei vari sali e risolve i problemi di equilibrio chimico stabilendo il grado di attività ionica determinato dalle costanti di stabilità e dai coefficienti di forza (grado di dissociazione dei sali e attrazione tra singoli ioni) in relazione al pH della soluzione. Vengono così precisate le concentrazioni effettive (cioè le concentrazioni degli ioni liberi) dei complessi formati da tutti i soluti. Dopo aver calcolato il grado di saturazione delle urine, il programma fornisce gli indici di sovrasaturazione relativi all’ossalato di calcio, al fosfato di calcio, alla struvite e all’acido urico. I risultati vengono riportati in un grafico al fine di osservare meglio il profilo urinario del rischio litogeno. Questa metodologia, di grande ausilio per scoprire la vera etiopatogenesi dei calcoli tramite l’identificazione del loro nucleo di aggregazione originario, ha così permesso di realizzare una prevenzione efficace delle recidive attraverso la prescrizione di diete e farmaci adeguati.

Quali sono e come si possono trattare i disordini metabolici?

Iperossalurie ( > 45 mg/24 h)
  1. Primitive - Aumentata sintesi endogena di ossalati - Aumentato assorbimento intestinale - Ridotto riassorbimento tubulare.
  2. Alimentari - Eccessivi introiti di cibi contenenti ossalati - Diete ipocalciche - Assunzione di fosfati , Vit. C .
  3. Intestinali - Sindromi da malassorbimento, M. di Chron, resezioni ileali, - by-pass intestinali. I grassi indigeriti legano il calcio causando un eccessivo riassorbimento degli ossalati. I sali biliari in eccesso, inoltre, aumentano la permeabilita’ intestinale degli ossalati.

Nelle iperossalurie l’acido ossalico deriva per il 20% dagli alimenti e dall’assorbimento intestinale e per l’80% dal metabolismo epatico (Acido Ascorbico e Glicina). E’ secreto dal rene a livello del tubulo prossimale. E’ contenuto in grandi quantità in: spinaci, patate, cicoria, bieta, cavoli, carote, pomodori, fagioli, piselli, arance, pompelmi, limoni, succhi di frutta , cioccolata, the, caffè, coca cola, soya, vitamina C. La terapia dell’iperossaluria consiste in una dieta che escluda le sostanze a più ricco contenuto di ossalati, nell’assunzione di Citrato di Potassio e Magnesio e, nelle forme da aumentata sintesi endogena, nell'assunzione di Vit. B6 (Piridossina). Riducendo con la dieta l'introito degli ossalati è necessario contemporaneamente diminuire anche quella del calcio altrimenti si può incorrere nel rischio dell'insorgenza di una ipercalciuria.

Ipercalciurie ( > 250 mg/24 H)
  1. Ipercalciurie Idiopatiche (Isolate) :
      • Aumentato assorbimento intestinale di Calcio Nella tipo1 la calciuria non si normalizza dopo dieta ipocalcica, nella tipo 2, piu’ frequente, si normalizza. Si tratta con l’assunzione di Fosfati (Neutra-Phos) che riducono l’assorbimento intestinale del calcio legandosi ad esso.
      • Ridotto assorbimento tubulare del calcio a livello del tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle in prossimita’ del tubulo distale. La calciuria non si normalizza dopo dieta. Spesso si associa un’ipocalcemia. Si tratta con i diuretici tiazidici che, bloccando l’assorbimento del sodio a livello del tratto ascendente dell’ansa di Henle, provocano il riassorbimento tubulare del calcio (pompa sodio-calcio).

    La diagnosi differenziale tra le due forme , intestinale e renale si effettua con il test di soppressione calcica (dieta ipocalcica per 15 giorni).

  2. Ipercalciurie secondarie :
    • Eccessivi introiti di sale con la dieta (Ipercalciuria + Ipernatriuria)
    • Eccessivi introiti di proteine animali e zuccheri raffinati
    • Abuso di Vit. D e calcio - Furosemide - Iperparatiroidismo (Ipercalciuria + Iperfosfaturia)
    • Iperfosfaturia Primaria per deficit assorbimento tubulare dei fosfati (Ipercalciuria + Iperfosfaturia)
    • Acidosi tubulare distale (Ipercalciuria, ipocitraturia, urine alcaline)
    • Ipertiroidismo / terapia con Eutirox
    • Sarcoidosi
    • Morbo di Paget
    • Morbo di Cushing / Cortisonici
    • Immobilizzazione prolungata / Fratture ossee La dieta nelle ipercalciurie deve essere normocalcica ( una dieta ipocalcica può infatti favorire l’aumento dell’ossaluria ).

    E’ sufficiente limitare l’assunzione di proteine animali, latte, formaggi, vitamina D e zuccheri raffinati; questi ultimi stimolano la produzione di insulina che a sua volta fa aumentare la sodiuria e quindi la calciuria. Deve essere inoltre una dieta iposodica ( il sodio causa un’aumentata escrezione urinaria di calcio). Nelle Ipercalciurie Idiopatiche intestinali si prescrivono anche i fosfati ed in quelle renali i diuretici tiazidici.

Iperuricurie ( < 600 mg/24h )
  1. Non iperuricemiche: da eccessivi introiti di proteine animali
  2. Iperuricemiche: dovute alla patologia gottosa. Se si associa un pH urinario basso devono essere trattate con Allopurinolo per ridurre l’escrezione delle purine e con citrato di potassio.

    La dieta nelle Iperuricurie deve limitare l’assunzione di proteine animali (carne o pesce ) ad una quantita’ non superiore ai 150 gr al giorno. Alcuni tipi di carne e di pesce andrebbero evitati : insaccati, prosciutto crudo, sardine, acciughe, aringhe, tonno, baccalà, trota, sgombro. Tra le bevande il vino, la birra e i superalcolici. Se all’iperuricuria si associa anche un’iperuricemia, si dovrà somministrare anche l’Allopurinolo.

Ipocitraturia ( < 320 mg/24h )

Il citrato è il più importante complessante del calcio nell’urina. Inibisce la nucleazione dei cristalli di ossalato e di fosfato di calcio. Cause di Ipocitraturia:

  1. Condizioni di acidosi
  2. Eccessivi introiti proteici
  3. Terapia con diuretici tiazidici (causano una deplezione potassica cui segue un’acidosi cellulare)
  4. Acidosi tubulare distale (ART 1): urine alcaline per deficit secrezione ioni H+ , ipercalciuria per ridotto assorbimento tubulare del calcio, a volte ipopotassiemia per aumentata secrezione tubulare di ioni K vicariante la ridotta secrezione di ioni H+
  5. Infezioni urinarie per utilizzazione batterica del citrato
  6. Resistenza insulinica (con urine acide ). Puo’ causare un difetto dei meccanismi tubulari di acidificazione urinaria con produzione di urine acide e precipitazione dell’acido urico.

    La terapia dell’acidosi tubulare distale prevede l’assunzione di Citrato di Potassio.

Cistinuria

La cistinuria è una malattia genetica autosomica recessiva che causa un difettoso riassorbimento della cistina e degli aminoacidi dibasici (lisina, arginina, ornitina) a livello del tubulo renale prossimale provocandone un’elevata escrezione urinaria. Mentre l’aumentata escrezione degli aminoacidi dibasici non ha nessuna conseguenza clinica, quella di cistina causa la sua precipitazione in cristalli, soprattutto in presenza di un pH acido, con formazione di calcoli radiotrasparenti ed estremamente duri . La malattia si manifesta precocemente (in media a 13 anni) , ha un decorso più severo nei maschi ed una spiccata tendenza alle recidive (75% a cinque anni). Da un punto di vista terapeutico, al fine della rimozione dei calcoli, si può ricorrere alla litotrissia extracorporea. Con questa metodica, si possono ottenere buoni risultati a patto che venga utilizzato un litotritore di elevata potenza, precisione ed a puntamento ecografico e che i calcoli abbiano dimensioni inferiori ai 2 centimetri di diametro. Per calcoli di dimensioni superiori abbiamo associato con successo la litotrissia laser seguita da quella extracorporea. Questi calcoli, i più difficili da trattare con queste tecniche a causa della loro durezza, possono giovarsi anche di una terapia farmacologica volta ad aumentare la solubilita’ della cistina. Si prescriverà citrato di potassio per alcanizzare le urine fino a raggiungere un pH 7 ed eventualmente, in aggiunta, farmaci chelanti quali la Tiopronina e la Penicillamina tenendo sempre sotto controllo la proteinuria. Con questa terapia medica è possibile tentare di effettuare una prevenzione delle recidive ma anche ottenere una parziale riduzione delle dimensioni dei calcoli che, se piccoli, potranno essere anche completamente disciolti.

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